Per gli utenti: il mondo là fuori è uno solo
Finalmente sono arrivato alla parte che più mi interessa - l’utente, la persona, la ragione psicologica per cui il co-branding ci attira. Certo, quello che abbiamo visto prima vale anche adesso - l’unicità, l’esclusività, la limitatezza, l’avere qualcosa che unisce le migliori caratteristiche di due brand di cui sono fan.
Questo è indubbiamente valido. Ma mi piace pensare a una ragione più profonda, più psicologica, più ontologica (WARNING: presenza paroloni).
La ragione è che i grandi brand, per fare presa su di noi e coinvolgerci, per agganciare il giusto target, propongono i loro valori, le loro vision, il loro way of living. E certo, ognuno di loro ha la sua particolare.
C’è il modo Apple - sii diverso.
C’è il modo Nike - fallo e basta.
C’è il modo Coca-Cola - goditi la vita.
Ma ognuno di questi brand crea il suo modo di proporre una visione della vita, un po’ come se fosse uno scompartimento stagno. Di volta in volta sei un utente Nike, un utente Apple, un utente Coca-Cola, ma mai tutte queste cose insieme.
Vivi nel mondo rosso, fantasioso e magico di Coca-Cola. In quello sognante di Disney. In quello feroce e determinato di Under Armour. Come se fossero mondi diversi.
Ma noi viviamo qui fuori. In un mondo unico, sfaccettato, dove la nostra personalità cambia ed evolve, e le nostre scelte pure. Noi viviamo in questi mondi contemporaneamente, siamo fan di tutti questi brand contemporaneamente - perché al fondo c’è qualcosa che li unisce. Noi.
E quando i brand, a loro volta, si uniscono e collaborano, ritroviamo un po’ della nostra unicità anche in loro. Li sentiamo più vicini che mai. Ritroviamo finalmente il nostro mondo nel loro - un mondo dove tutto si mescola, valori diversi (ma non contrastanti) convivono.
Scopriamo che il loro mondo, là dietro, è, per una volta, simile al nostro. Non dobbiamo scegliere in che mondo vivere, chi essere, possiamo essere noi stessi. E questo ci piace.