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Con la testa tra le…cloud

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Con la testa tra le…cloud
UX

Il Cloud, compagno silenzioso di ogni giorno

Negli ultimi anni il cloud è diventato parte integrante del nostro quotidiano, sia lavorativo che personale. Lo utilizziamo dandolo per scontato, come se fosse un servizio normale, o dovuto; ma per quelli come me alla soglia degli “anta”, non lo è affatto.

Ma cos’è il Cloud?

Senza entrare in troppi tecnicismi noiosi, diciamo che stai utilizzando il cloud quando usi un servizio che ti fa beneficiare del fine, ma senza averne fisicamente i mezzi.

Può trattarsi di un archivio di documenti, di un server, di un centralino, di un firewall, un software, o di un qualsiasi altro servizio per cui normalmente sarebbe servito un supporto hardware, ma che appunto, grazie ai servizi in Cloud, oggi non serve più. Chiaramente il vantaggio di questo tipo di tecnologia è che permette di sviluppare progetti senza i costi iniziali del “ferro”, pagando solo per il reale utilizzo delle risorse. Porto un esempio.

Un esempio di utilizzo di Cloud: un colpo di Jeenius

Qualche anno fa, per sviluppare un sistema di machine learning applicato a Jeenius, ci siamo trovati nella necessità di utilizzare un server con CPU 96 core e 360 GB di RAM, una configurazione estrema sia come caratteristiche che come costi, se si fosse trattato di un server fisico.

Tramite Google Cloud Platform, invece, la macchina era pronta in poche ore e abbiamo iniziato a sviluppare dopo qualche giorno. Al termine dello studio abbiamo spento la macchina virtuale e chiuso il servizio. A fronte di un costo esiguo abbiamo potuto utilizzare una macchina dalle prestazioni elevate per il solo tempo necessario.

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Le mail? Sì, anche quelle, e non solo

Altre pratiche di utilizzo ormai ampiamente diffuse sono i servizi di gestione delle mail, e servizi associati. Basta server Exchange, basta soluzioni di backup delle mail, basta configurazioni del client mail (Outlook, Thunderbird, ecc…), basta CAL, basta licenze, basta (quasi) limiti della casella mail, basta SPAM. Questo grazie a servizi come Google Workspace, che hanno semplificato questi aspetti. Basta la semplice creazione dell’account, senza doversi preoccupare di altro; anzi, sono integrati servizi di archiviazione e condivisione di documenti, quindi basta NAS, basta innumerevoli copie dello stesso documento modificato potendo lavorare contemporaneamente sullo stesso documento, basta utilizzo di WeTransfer, basta backup, basta licenze Office.

Questo a livello aziendale semplifica anche la gestione dei terminali (si usa ancora la parola “terminale”?): basta un PC/Mac/Chromebook per avere l’ufficio sotto mano, e credetemi, per un sistemista factotum come me, è moltissimo tempo risparmiato, soprattutto in periodi di lockdown.

Non c’è trucco, non c’è inganno, se c’è la connessione

Il cloud ci ha dato quindi la possibilità di sfruttare una moltitudine di servizi senza dover fare investimenti, basta avere un’ottima connessione dati senza la quale si è totalmente fermi. Ed è proprio la connessione dati il busillis di tutto.

Difatti senza connessione dati tutto il palco del cloud cade rovinosamente; ma la diffusione della fibra ottica, del 4G e 5G, ha permesso di poter fare affidamento al cloud in modo sereno, fermo restando che deve garantire prestazioni di velocità. Poi ti fai una linea dati di backup e “stai senza pensieri”.

Senza possesso, senza pensieri

In ogni caso essere connessi è basilare lo abbiamo capito da tempo, perché offline, il nostro smartphone non è altro che un telefono (vabbé dai, anche una fotocamera). Sì, perché noi boomer non abbiamo dimenticato come fosse la vita offline e senza cloud: servivano lettori mp3 (volevo scrivere walkman, ma mi sembrava troppo), chiavette USB, CD, DVD, Blu-ray. Se volevi il nuovo album dei KoЯn dovevi masterizzarlo, scaricarlo da eMule o addirittura comperarlo – sì, perchè si pagava (o quasi) per tutto, ma poi era tuo. Avevi la tua collezione.

Oggi invece paghi piccoli abbonamenti mensili – penso a Spotify, Netflix, e compagnia – e puoi sentire e vedere tutto. Tutto, ma non hai niente. Nel tempo tutti i servizi sono diventati così, il concetto di possesso è stato stravolto: paghiamo piccole somme mensili per servizi immensi ma non possediamo niente. Per quanto mi riguarda mi piace così: una canzone è tua quando ti piace, non quando ne possiedi il CD.

Niente CD, niente DVD, niente Server fisici, niente programmi, tutto salvato chissà dove e allora per stare tranquillo fai un backup inverso: il vecchio NAS lo usi per salvare quello che hai in cloud perché… non si sa mai (OVH docet). Persino le console per giocare, vedi Stadia, sono in cloud, un sogno per chi come me ha i genitori che non gli comprano la Playstation (e io ho smesso di chiedergliela).

Con la testa tra le…cloud

Senza accorgercene ci siamo ritrovati legati a doppio filo a tutti questi servizi in cloud, sia dal punto di vista lavorativo che personale; ci hanno semplificato la vita, migliorato il modo di lavorare, di sperimentare, di allargare la nostra visione perché possiamo provare senza acquistare, ma pagando piccole (in proporzione) somme.

E se salta la connessione? Pazienza. Tornerà. Intanto ci facciamo una passeggiata o leggiamo un bel libro perchè quelli, mai e poi mai, vanno letti sul Kindle.

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